Essere Vegan, tra scelta, moda e limiti
Essere vegani, tra scelta di vita, mode contemporanee, sentimenti di tutela dell’ambiente, dell’uomo e degli animali. etica, produzione e cibo, un connubio ancora difficile.
Breve storia della nascita della parola Vegan
La parola Vegan fu inventata da Elsie Shrigley e Donald Watson, dalla contrazione di Vegetarian. I due attivisti, nel 1944, si staccarono dalla Vegetarian Society, perchè giunsero alla conclusione che una filosofia di completa attenzione all’ambiente, dovesse escludere dalla vita dell’individuo ogni prodotto derivato dagli animali (latte, pellami, etc). Questo approccio filosofico più ampio venne definito meglio cinque anni più tardi da Leslie J Cross. Fu fondata, su queste basi, la Vegan Society.
Il movimento vegano nasce sulle spoglie degli orrori degli olocausti della Guerra, da cui vuole estendere la necessità di attenzione alla vita umana ed oltre, verso il pieno riconoscimento del diritto di ogni essere vivente. La scelta è nell’attenzione all’utilizzo di cibi ed oggetti ottenuti senza crudeltà verso alcun animale, nella visione non violenta della vita.
L’alimentazione vegana è vegetale e fruttariana, cruda o cotta, con accezioni più recenti verso il crudismo o l’esclusivo fruttarianesimo. Viene escluso dall’utilizzo quotidiano ogni materiale che derivi in qualsivoglia modo dal regno animale.
Bello, però …
Si, filosoficamente ammirevole, però, può pensa un “onnivoro italiano”, come si fa senza tutti quei prodotti della nostra tradizione? Salumi, piatti tipici, specialità uniche …
La classica risposta del movimento vegano è che si possono creare gustosissimi piatti utilizzando solo elementi vegetali. Assistiamo, così, all’emergere di cuochi sia vegani che crudisti, strumenti di nuova fattura per il trattamento dei cibi come l’essiccatore, largamente usato nel settore, e miriadi di pubblicazioni, blog, eventi, che rinforzano ed allargano la comunità vegana.
Solo per vegani?
Negli ultimi anni l’attenzione ai cibi e la diffusione di innegabili studi che hanno dimostrato la correlazione tra consumo eccessivo di carne e latte con diverse patologie, soprattutto tumorali, ha reso sensibile la popolazione sia alla tipologia di alimenti, sia alla produzione degli stessi, in termini di qualità e di localizzazione geografica.
Emerge, quindi, attualmente un quadro di maggior attenzione soprattutto all’acquisto alimentare e le scelte vegetariane e vegane si stanno diffondendo sull’onda dell’attenzione sia all’aspetto salutistico che ambientale.
Infatti spesso il veganesimo e il “cruelty free” vengono abbinati a discipline volte al benessere della persona, come lo yoga, nonostante in India, paese di provenienza di questa oramai molto diffusa disciplina, solo la religione giainista segue una dieta strettamente vegetariana.
Parte del mondo occidentale si sta interrogando sulla massificazione ed i costi della produzione e del consumo di alimenti carnei e latteari, se da una parte la risposta ancora di nicchia è il veganismo, esso riesce a rappresentare una sorta di coscienza manifesta, della distonia del sistema produttivo industriale, con la necessità di conservare un ecosistema a rischio.
E se invece fosse una patologia?
Ortoressia, è il termine coniato da alcuni psichiatri e nutrizionisti americani per definire il comportamento eccessivamente rigido di alcuni individui, circa le scelte alimentari in termini salutistici ed etici.
Questa definizione o aspetto, in effetti, può anche andare a sovrapporsi agli individui che fanno delle scelte vegane. L’estremo controllo dei cibi, la provenienza, la selezione anche negli oggetti di uso quotidiano dell’assoluta mancanza di prodotti di origine animale, in alcuni casi, può da un lato mascherare abilmente problematiche di area alimentare, e dall’altro diventare uno strumento per nuove ossessioni.
E’ vero che la società contemporanea continua a generare i propri limiti, e il veganismo è insieme soluzione impossibile per la società tutta, moda contemporanea, attenzione ecologica ed ambientale, possibile ossessione. In effetti con tutti questi aspetti può rappresentare molto bene le infinite contraddizioni del contemporaneo.
Stefania Ajossa