Tomas Van Houtryve e la sua video installazione all’International Center of Photography di NY
Tomas Van Houtryve è un fotoreporter e artista belga che, attraverso le sue foto, racconta alcuni momenti significativi del viaggio di giovani migranti alla ricerca di una nuova terra e di una nuova speranza di vita.
Nella sua carriera da fotoreporter, Van Houtryve ha ottenuto due volte la nomina di “Fotografo dell’Anno“, nel 2008 e nel 2010; il suo primo catalogo Behind the Curtains of 21st century communism, risale al 2012 e ha ottenuto un grande successo, perché considerato dalla critica una valida testimonianza fotografica di un mondo segreto di rivoluzionari, spie, oppositori politici e semplici lavoratori in Paesi come la Cina, la Corea del Nord, il Laos, il Nepal e il Vietnam, dove ancora sopravvivono regimi comunisti. Le fotografie di Van Houtryve esplorano il divario tra gli alti ideali del comunismo e la sua complessa realtà quotidiana.
Recentemente l’artista ha rivolto la sua attenzione verso l’esperienza dei migranti lungo il loro cammino, che ha come meta l’Europa, alla ricerca di una vita migliore; è così che è venuto alla luce il suo ultimo lavoro, la video installazione Traces of Exile.
In questa opera, esposta all’International Center of Photography di New York, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale, diventa elemento imprescindibile per descrivere l’esperienza odeporica in un mondo multimediale. Gli smartphone diventano, così, un accessorio di viaggio indispensabile per i migranti: li aiutano a navigare alla volta di terre sconosciute, a restare in contatto con i loro amici e familiari rimasti a casa, sono il tramite tra loro e i trafficanti di esseri umani e, infine, con un risvolto positivo, possono documentare la loro vita quotidiana, attraverso post e selfie, scattati durante le tappe dei loro lunghi viaggi.
Traces of Exile all’International Center of Photography Museum
Traces of Exile, sostenuto dal Pulitzer Center on Crisis Reporting, è un lavoro senza eguali, nel quale Van Houtryve ha seguito le tracce digitali dei migranti postate su Instagram come testimonianza di momenti di gioia, di trionfo e persino di divertimento lungo il loro difficile e incerto percorso, immagini intorno a cui l’artista ha sviluppato il suo progetto, che oggi si trova esposto all’ ICP di New York.
Dalla città turca di Izmir, punto di partenza di molti dei rifugiati, l’utente reza.hdz ha postato su Instagram un selfie che lo ritrae con un’espressione divertente insieme ad altri amici. A Idomeni, in Grecia, un altro utente 3bdulk7der.krayem ha postato una foto con suo fratello più piccolo Ayham: entrambi sfoggiano un grande sorriso, nonostante la chiusura della frontiera macedone li avesse bloccati lì per giorni.
Tali immagini ci mostrano il coraggio e la dignità dei giovani migranti che arrivano in Europa lasciandosi alle spalle tutto, con la sola speranza di poter, un domani, costruire una vita migliore in una terra straniera.
Per l’artista lo smartphone rappresenta “their mirror that they hold up to the world” (il loro specchio che tengono in mano verso il mondo), ed è certamente anche uno strumento che consente loro di far sapere ai familiari che stanno bene e che non devono preoccuparsi per loro; è questo, forse, il motivo per cui i giovani migranti decidono di postare solo gli attimi di gioia.
Questo innovativo lavoro è stato acquisito dall’International Center of Photography nella collezione permanente del museo ed è stato esposto tra novembre 2016 e febbraio 2017 al Southeastern Center for Contemporary Art (SECCA) di Winston-Salem, North Carolina.