Tina Lattanzi: Voce regina che ha doppiato le star di Hollywood
A 25 anni dalla scomparsa, E-go Times vuole ricordare l’attrice e doppiatrice Tina Lattanzi.
Se potessimo riascoltare una vecchia telefonata, scopriremmo con stupore che il nostro mondo suonava differente, che persino le voci conoscono le rughe. Ma una voce su tutte accompagna i ricordi della gente di ogni età.
Il 25 ottobre 1997 Tina Lattanzi lasciava in punta di piedi, come vi era entrata, una vita romanzesca, così simile a quella delle eroine aristocratiche, malinconiche e fatali cui prestò la voce.
Greta Garbo, Rita Hayworth, Carmen Miranda, Joan Crawford e Greer Garson, fino alle antagoniste targate Disney, furono i volti più celebri investiti dalla magia incancellabile di quel timbro unico, grave e altero, distante come i sogni che, in quell’epoca, rispondevano dall’altro capo di un telefono bianco. Fantasie che parlavano la lingua di dive, maghe e regine, grazie a una donna che regina lo divenne per caso.
Nata il 5 dicembre 1897, Annunziata ‘Tina’ Costantini sposò nel 1919 il docente Giovanni Lattanzi. Ma la smania di evadere dalla desolante vita matrimoniale non si fece attendere. Così, nel 1923, Tina Lattanzi tentò la via dell’arte: dopo avere assistito a una recita universitaria al Teatro Nazionale, grazie all’aiuto di un giovanissimo Vittorio De Sica ottenne un incontro con l’attrice Tatiana Pavlova. Da quel momento, il tedio della madre casalinga cedette il passo alla vita mutevole dell’artista, affollata di amori, divertimenti, difficoltà, e fregiata dei sodalizi con Emma Gramatica e Ruggero Ruggeri.
L’incontro col mondo del cinema avvenne nei primi anni ’30, quando Lattanzi partecipò al provino bandito dalla MGM per doppiare Greta Garbo nel film La regina Cristina. La sua voce, oltre alla vincita e all’esclusiva sui doppiaggi della ‘Divina’, le valse i complimenti di quest’ultima, la quale, secondo un noto aneddoto, ebbe a dire che sarebbe stata un’attrice altrettanto grande se avesse avuto la voce di Tina Lattanzi.
Nelle sale di doppiaggio Lattanzi imparò a conoscere quello strumento che le riservò un posto nell’empireo del doppiaggio italiano e a modellarlo sui volti più noti di Hollywood. Su tutti, quello di Greta Garbo fu per lei il miglior banco di prova, permettendole di educare la propria voce alle innumerevoli sfumature espressive dell’attrice svedese. Proprio immedesimandosi nelle attrici Lattanzi poté affinare quella duttilità unica, impreziosita dallo stile declamatorio, che fluiva fra timbri smaltati e opachi, tessiture vellutate e rabbiose sferzate.
Alla metà del secolo, tuttavia, lo stile recitativo istrionico e la dizione dai tratti esasperati persero popolarità: il divismo mesto e trasognato apprezzato fino all’immediato dopoguerra era inadeguato per il mordente della televisione e del boom economico. Per Tina Lattanzi iniziò una lunga stagione di incarichi meno prestigiosi, di lento diradarsi della sua popolarità che culminò con l’abbandono del doppiaggio negli anni ’60 per tornare sulle scene.
Ma quel nome apparteneva già al mito, e aveva adombrato del tutto quello di Annunziata Costantini. Il cognome da nubile le tornò utile per non passare i guai quando, una sera, fu sorpresa in una sala da gioco e dovette firmare il verbale al commissariato. Una creatura notturna, insomma, sempre divisa tra il buio delle sale di doppiaggio e quello delle bische. Perché il vizio del gioco, per la signora del doppiaggio, era un grande divertimento, e come tale privo di strategia. Il che la obbligò, in vecchiaia, ad appellarsi alla legge Bacchelli. Eppure, la gioia datale dalle carte era la sola a lenire persino il dispiacere della morte, tanto da portarla ad affermare «Se mi dicessero che nell’aldilà c’è un tavolo da gioco, vorrei morire stasera!».
Nel 1986, ospite di Maurizio Costanzo, Tina Lattanzi ricomparve in pubblico. Dolce e frizzante, con la voce inconfondibile e una memoria di ferro pronta a condividere con gioia i ricordi di una vita giunta al novantesimo anno. Il ricordo non contemplava rimpianti né imbarazzo, per Tina Lattanzi, che esortava a non privarsi mai di nulla. Questo, dopotutto, fu il mantra che l’accompagnò fin sulla soglia dei cento anni.
Immagine in evidenza: Tina Lattanzi con Ruggero Ruggeri nel film Una lampada alla finestra (1940) di Gino Talamo. Licenza: CC0 Public Domain