Q/white Desperation: L’installazione di Pamela Mattana sull’universo femminile
Q/white Desperation è un’installazione multimediale creata dall’ artista Pamela Mattana che il Dipartimento di Scienze Politiche di Roma Tre ha presentato a studentesse e studenti universitari e di scuola in occasione della Giornata Internazionale della Donna.
Q/white Desperation trae spunto da un tragico fatto di cronaca realmente accaduto, ma racconta, al tempo stesso, di dolore, sofferenza e di speranza. La porta di Q/white Desperation, divisa in due sezioni, offre allo sguardo della spettatrice e dello spettatore due universi differenti: quello cieco – e spesso purtroppo sordo- della violenza, mal tollerata tra le quattro mura domestiche, tra il rumore dei piatti rotti e il pianto inconsolabile dei bambini, e quello della ritrovata consapevolezza, della rinascita e, finalmente, della luce.
L’opera, quindi, è concettualmente sospesa tra l’ abisso violento che non conosce possibilità di fuga e la luce capace di restituire nuova vita, dopo un percorso difficile e pieno di ostacoli. Attraverso una ” semplice” porta, elemento simbolico quanto materico, si accede a un universo bidimensionale: da un lato, infatti, la porta è senza maniglia e indica l’ impossibilità di uscire da un tunnel di violenza spesso non soltanto fisica, ma anche mentale e psicologica. Dal lato opposto, la maniglia apre la strada alla possibilità di fuga e, al tempo stesso, illumina un percorso a lungo tenuto al buio. Verso la fine, inoltre, l’opera lascia spazio alle reazioni del pubblico: commenti, suggerimenti, intuizioni suscitate da Q/white desperation vengono appuntate su post-it incollati sul lato “luminoso” della porta.
L’installazione dell’artista Pamela Mattana riesce a raccontare alla spettatrice e allo spettatore, in modo semplice e incisivo, la complessità di una violenza spesso difficile da riconoscere e da raccontare, ma non impossibile da combattere, perché in qualunque situazione, anche in quella più dura e terribile, esiste sempre una via d’uscita.
Photo credits: Francesco Sica – Courtesy of SciPol Roma Tre