Mi sa che fuori è primavera: la riconquista del proprio spazio dopo la tragedia
La XXI Edizione del Festival Quartieri dell’Arte porta in scena “Mi sa che fuori è primavera”, spettacolo diretto da Barberio Corsetti, interpretato da Gaia Saitta e tratto dall’omonimo romanzo della scrittrice e giornalista Concita De Gregorio.
Il dolore da solo non uccide
C’è bisogno di essere felici per tenere testa a questo dolore inconcepibile
C’è bisogno di paura per avere coraggio
Al centro della storia una nota vicenda di cronaca nera: Irina è una donna alla quale vengono sottratte, e non saranno mai più ritrovate, le due figlie gemelle di sei anni per mano del marito.
L’adattamento teatrale, molto originale e ben strutturato, infrange totalmente la quarta parete, coinvolgendo direttamente la platea nella tragicità della vicenda.
Con l’aiuto di una telecamera, la protagonista Irina si racconta, ricercando, tra i presenti in sala, i personaggi chiave della storia.
I volti del pubblico, illuminati e ripresi dalla videocamera, sono strumentali alla ricostruzione degli eventi: proprio come in un’indagine, Irina analizza e approfondisce i momenti più drammatici della sua vita, ovvero la scomparsa delle due amate figlie e la morte dell’ex marito.
Cosa sia esattamente successo in quelle fatidiche ore è ancora un mistero senza soluzione e Irina cerca nel pubblico complici capaci di accompagnarla in questo doloroso viaggio di scoperta, non solo alla ricerca della verità, ma anche dei motivi chiave che hanno spinto l’uomo a compiere l’incomprensibile e fatale gesto.
Appena conosciuto, il padre dei bambini appare infatti a Irina un uomo normale, equilibrato, preciso e serio.
Gradualmente, giorno dopo giorno, Mathias diventa sempre più morboso, ossessionato da un’ordine maniacale e imprigionato da manie di controllo esasperanti.
Irina, sfiancata, vuole separarsi e la mancata accettazione della decisione della moglie da parte di Mathias porta alla tragedia: l’uomo, sentendosi abbandonato, condanna la donna a vivere un eterno inferno, sottraendole le figlie e poi suicidandosi.
La reazione a un tale dramma non è immediata ma Irina, decisa a non cedere al dolore, sceglie di riunire i pezzi della sua vita resistendo alla tentazione di sparire lei stessa e trova una seconda vita con un uomo dalle mani grandi e dal sorriso caldo e accomodante.
Il racconto non è lineare e viene fuori lentamente, in maniera discontinua e frammentata.
L’idea di trattare un’argomento così delicato in modo non tradizionale è un’ottima trovata: gli sguardi del pubblico, le proiezioni che raccontano il passato oscuro di Irina e Mathias rendono lo spettacolo coinvolgente e dinamico, senza trasformarlo in una pièce esasperata o patetica.
La scenografia è essenziale e funzionale alla ricostruzione/analisi della vicenda e al centro del racconto ci sono le parole, il viaggio di Irina nel suo passato: il lungo monologo diventa un percorso tortuoso alla scoperta dei fantasmi e degli incubi della donna che approda, dopo un viaggio così estenuante, finalmente a una nuova vita.
Morte e rinascita, dolore e rinnovamento sono le parole chiavi di questo ben riuscito adattamento teatrale.
– Sarah Mataloni
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Foto di copertina: © Tiziano Ionta – per gentile concessione del Festival Quartieri dell’Arte