L’Horror sotto l’albero di Natale: Incontro con l’autore ed editore Mauro Saracino
Horror non solo in forma di film: nell’ambito dell’iniziativa nazionale #ioleggoperchè, riportiamo l’incontro online organizzato dalla scuola di Monteromano e dalla libreria Etruria di Viterbo. L’articolo nasce grazie alle domande fatte dai ragazzi e le conseguenti riflessioni.
Un incontro non solo per parlare di libri di un genere che sempre più coinvolge il pubblico dei più giovani e dei giovanissimi, ma che ha dato modo di far scoprire il mondo dello scrittore e dell’editoria. Ecco l’intervista di E-goTimes allo scrittore Mauro Saracino.
Cosa si prova a scrivere un Thriller o un horror?
Devi pensare che innanzi tutto il libro è un atto comunicativo, lo fai per comunicare e in questo caso devi suscitare in chi ti legge stati d’animo come la paura e l’angoscia. Per comunicare con il lettore tu per primo devi provare quell’emozione: di fatto devi immaginare di essere con il personaggio, di accompagnarlo, immergerti con lui nella situazione. È un po’ come quando giochi ai videogiochi e hai la visione soggettiva. Io mi sento come la telecamera sulla spalla del protagonista. Quando scrivi, tu vedi, vivi e senti quello che prova il personaggio.
Se tu per primo ti accorgi di non provare quelle sensazioni, allora non arriverà mai al lettore e quindi ti devi fermare, e ricominciare daccapo.
Oltre a ciò, quale consiglio daresti a chi vuole scrivere questo genere?
Un tratto fondamentale della scrittura deve essere la sorpresa. Il lettore deve sorprendersi ma sei tu per primo a doverti sorprendere. Non puoi decidere il colpo di scena a tavolino, altrimenti il lettore ti becca 100 pagine prima. Come dice Jeffery Deaver, il colpo di scena deve essere tale soprattutto per l’autore.
Il consiglio che mi sento di dare è di leggere, leggere tanto, ovviamente sopratutto di quello di cui vorremmo scrivere. Dobbiamo crearci un bagaglio, ma non ci si deve fermare solo a quello, bisogna continuare ed esplorare altro. A questo va aggiunto l’esercizio di scrittura che deve essere quotidiano.
A proposito di lettura qual è stato il tuo approccio da bambino?
Mi sembra di ricordare Le avventure di Tom Sawyer, me lo hanno regalato che ero alle elementari.
Diciamo che forse è quanto ci sia di più vicino al genere thriller nella letteratura per l’infanzia, con il protagonista testimone di un fatto di sangue e le scorribande nel cimitero, oltre al fatto che si apre con una zuffa.
Invece qual è il romanzo che hai letto da adulto che ti ha colpito di più?
La Ragazza della Porta Accanto di Jack Ketchum, dallo stile rude con un lessico volutamente scarno, a voler sottolineare quella banalità del male che può abitare la porta accanto e che nella sua quotidianità (il romanzo è tratto da una storia vera) è persino più spaventoso.
Il tuo scrittore preferito?
Difficile ma, penso sia John Steinbeck , da poco ho riletto “Furore” ed è splendido. Se parliamo di Horror invece direi Brian Keene, autore ancora poco conosciuto in Italia. Leggo comunque anche altri generi: dalla saggistica di settore come la psicologia dei serial killer, testi che sono funzionali al mio lavoro di scrittore. Infine mi piacciono i romanzi storici, sopratutto di ambientazione medioevale.
Perché hai iniziato a scrivere questo genere di romanzi?
Sono stato spinto dalla voglia di condividere qualcosa che mi piace: la condivisone di una passione.
Il fatto di scrivere mi è venuto del tutto naturale, dai tempi della scuola mi sono immerso nella lettura di genere, con una stima approssimativa di circa 60 libri all’anno. Poi per curiosità e per mettermi alla prova ho mandato il mio lavoro alle case editrici e da lì quello che era un gioco è diventato un mestiere.
Tu dici che ti diverte leggere l’horror splatter, ma quando scrivi c’è altro?
Per me tutto ruota attorno alla psiche del personaggio, la sua vita, chi è, quello che fa, quello che vuole fare. Tornando alla componente “fisica” trovo che sia marginale o meglio, deve esserci nel momento in cui serve al personaggio o a delineare la storia. Il sangue c’è ma il personaggio è il centro di tutto.
Qual è il tuo metodo di lavoro, che approccio hai?
Io sono molto metodico. Mi prefiggo2000 parole al giorno. Scrivo tutti i giorni, bisognerebbe farlo sempre, tenersi in esercizio. Per fare questo mestiere devi leggere e scrivere ogni giorno, è un po’ come andare in palestra ad allenarsi.
Insomma nulla die sine linea…
Poi devi contare il fatto che una volta che hai buttato giù la bozza arriva il lavoro duro, in cui c’è molta ricerca, devi far collimare fatti ma anche oggetti che hai inserito, un lavoro di perfezionamento, di ricerca, di coerenza che non è solo testuale ma che coinvolge, come ti dicevo, anche aspetti che sembrerebbero marginali ma che invece rendono il romanzo realistico.
Tipo?
Nel romanzo fai sparare nove colpi al protagonista con una determinata arma e facendo la revisione scopri che quell’arma ha solo sette proiettili. Questa è sicuramente la parte più dura del lavoro in cui metti alla prova la pazienza.
L’ispirazione da cosa ti viene?
Parto da un’idea di base ma il resto è questione di metodo. Stephen King dice che è simile al lavoro di un archeologo: c’è una storia grezza lì sotto e 2000 parole al giorno portano in superficie il reperto, che è la storia completa. Certo è che devi avere una buona idea di base, altrimenti quello che tiri fuori non è altro che il vaso della nonna.
Il tuo passato da musicista ha influito? Quanto conta nella scrittura la musica?
Per me la colonna sonora è da traino per tutto quello che faccio. Scelgo la musica anche in base alla scena che dovrò scrivere.
Citando un famoso sketch di programma della Dandini “ il tuo sogno nel cassetto?Fare un film con Franco Nero”
In realtà ho scritto una sceneggiatura con un regista, tratta da un mio romanzo ma i tempi del cinema sono diversi da quelli dell’editoria. Siamo in stand-by.
Nel cassetto in realtà ora c’è il mio ultimo romanzo in cui a differenza degli altri ho messo molto di me, volutamente. Gli anni novanta: quelli della mia adolescenza. Forse è per pudore che ancora non lo do alla stampa.
Un’ultima domanda: tra le tue creature preferite ricorrono gli zombie, perché? Quali aspetti senti che ti legano a questa scelta?
Io soffro di claustrofobia e, per farti un esempio, di questi tempi il mio incubo è ritrovarmi in un centro commerciale con i saldi natalizi, immerso nella massa di gente. Ecco, quelli sono per me gli zombie. Quelli originali di Romero.
Bene, ora che mi ci fai riflettere….Comunque, Buon Natale.
Feature Image: Horror Study 6 by Alexander C. Kafka, used under Creative Commons License (BY-ND 2.0)