L’Aurora In Tutto Il Suo Splendore: Un atto unico tratto da L’Ora Grigia di Agota Kristof
L’aurora in tutto il suo splendore è un atto unico scritto da Ester Albano, tratto da L’ora grigia di Agota Kristof e diretto da Paola Scotto di Tella, che è andato in scena dal 9 all’11 dicembre a Roma al Teatro Portaportese.
L’ora grigia è lo spazio temporale indefinito prima del nuovo giorno, un momento tra la notte e l’alba che sembra silenzioso ma che diventa, nel lavoro di Ester Albano, pieno di una disperazione sommessa, ma anche di sogni e di una debole speranza che assegna senso a ogni elemento del testo.
Dialoghi brevi , frasi spezzate, una scenografia molto essenziale e un’atmosfera inquietante rendono l’atto unico crudo e, al tempo stesso affascinante. In scena si muove una prostituta non più giovane, interpretata da Ester Albano, segnata da un passato non facile e con lei sul palco un suo vecchio cliente, che rubacchia per svoltare le giornate, interpretato da Giuseppe Rispoli. Si conoscono da sempre, da quasi trent’anni. Sono ormai invecchiati senza aver costruito le basi di una vita vera e propria: il cliente non cerca più la prostituta da un punto di vista sensuale, non è interessato ad avere il suo corpo, ma è con lei per ascoltare i suoi sogni, per sentirla ancora raccontare una bella storia, capace forse di placare la sua inquietudine e la tristezza di un esistenza poco appagante.
In questa desolazione de L’aurora in tutto il suo splendore c’è l’incontro di due esseri umani che si incastrano alla perfezione: il cliente ama ascoltare i racconti di lei e vede, forse, ancora una luce che, nonostante tutto, continua a brillare; la prostituta, quando nessuno la vede, ama danzare e ancora sogna, proprio come una bambina.
Il presente, fatto di decadenza e sciatteria, le ha rubato la giovinezza, il suo bel corpo atletico e sensuale, ma non i sogni e la speranza, a cui il suo cliente affezionato si attacca con tutte le forze, come fosse un barlume ultimo di vita, un guizzo di libertà. Costruiscono assieme, tra quelle quattro pareti, un dialogo spezzato, essenziale ma molto intenso, pregno di una disperazione che trova senso in quel rapporto complicato eppure forte e intimo.
Oltre le pareti sottili dello squallido appartamento un musicista depresso sembra ossessionato dalle loro voci , dal rumore continuo, dalle rosate e forse dalla loro strana intesa. Un uomo solo, forse il più disperato tra i tre che non compare mai, ma la cui presenza inquietante si percepisce come fosse un’invasione continua.
Questo il commento della regista Paola Scotto di Tella:
Sotto la superficie melmosa di tristezza e di solitudine c’è un desiderio di gioco, di bellezza, una voglia di riconoscersi tra simili. Alla voglia di riscatto, disperata, a volte vincente ma spesso contrastata dagli eventi, ho dedicato L’aurora in tutto il suo splendore, perché sia un un modo di lottare contro la Solitudine e contro la violenza che sempre ne deriva”.
La solitudine è la chiave per leggere e interpretare questo atto unico, ben interpretato dai due attori, costruito con poche parole e con elementi scenici essenziali ma molto significativo, intimo e pieno di una tristezza che contiene in sé un desiderio forte di riscatto e di libertà.
La desolazione dei tre personaggi de L’aurora in tutto il suo splendore, i cui caratteri sono sfumati e non ben definiti, proprio perché sono ricchi di contrasti che si percepiscono senza essere chiaramente espressi, si carica della sottile speranza espressa simbolicamente proprio dal momento esatto eppur indefinito in cui la notte lascia spazio all’alba del nuovo giorno, l’aurora.
Foto: Courtesy of Teatro Portaportese