L’inganno di Sofia Coppola: la sensualità sussurrata delle ragazze da collegio
L’inganno di Sofia Coppola, riadattamento del romanzo A Painted Devil di Thomas P. Cullinan, si svolge in un austero collegio femminile durante la guerra di secessione americana.
L’equilibrio di un’ istituto femminile, dominato da rigide regole e da un controllo ferreo sulle giovani fanciulle, si infrange con l’arrivo di John McBurney (Colin Farrell).
UL’uomo, ferito, viene gentilmente accolto in casa e la sua sola presenza, scatena nella mente di tutte le donne rivalità, odi e squilibri sempre taciuti: l’uomo si insinua serpeggiando nelle noiose giornate del collegio, scandite solo da pasti frugali, lezioni di francese, intermezzi musicali e preghiere serali.
Protette dal Farnsworth Seminary, le studentesse dell’istituto trascorrono il loro tempo tra lezioni di cucito e passeggiate, tentando di coltivare una femminilità riservata, delicata e adatta alla loro età.
La gabbia dorata della loro infanzia che sembra non conoscere vizi o impulsi appassionati, ma solo regole e doveri, viene lentamente distrutta e lascia il posto alla tentazione, che silenziosamente rompe l’armonia dell’istituto, mutando l’atteggiamento compassato delle fanciulle in curiosità ossessiva verso l’affascinante “straniero”.
Il precario equilibrio costruito a fatica da Miss Martha (Nicole Kidman) comincia a sgretolarsi e lentamente, ma inesorabilmente, fa capolino nei pensieri delle ragazze l’istinto incontrollabile per troppo tempo trattenuto e mediato dal rigore dell’essenzialità e dalle rassicurazioni di una serenità apparente quanto fragile.
La splendida fotografia, fatta di enormi e verdissimi paesaggi silenziosi, domina le atmosfere e l’intreccio: la raffinata scelta stilistica sembra infatti accompagnare l’esplosione dei sensi nelle giovani donne, discreta e intensa, mai volgare.
Nessuna scena è infatti esplicita e la scelta dell’essenzialità rende evidente la presenza di una sensualità mai diretta o urlata, ma ossessiva, strisciante, morbosa e inquietante.
L’atmosfera è contenuta e ricorda il clima malinconico del Giardino delle vergini suicide: nel primo lungometraggio della Coppola, le giovani e bellissime figlie della famiglia Lisbon erano controllate e tenute sotto scacco dalle catene di una madre ottusa e autoritaria ma il dolore, latente e opprimente, era visibile e palese in ogni scena.
L’inganno conserva, dall’inizio alla fine del film, un clima malinconico, ma non sofferente: in alcuni dialoghi la sensualità che si respira si lega all’ironia e la drammaticità dell’atmosfera viene mitigata da scambi di battute pungenti e divertenti al tempo stesso.
La curiosità femminile verso lo straniero cresce a dismisura tanto da condurre le donne ad azioni irrazionali e impulsive: le ragazze sembrano condurre il gioco e tra sguardi e parole non dette, si divertono a stuzzicare “lo straniero”, intessendo con lui uno stimolante e opprimente gioco seduttivo.
La situazione cambia quando la natura selvaggia trionfa nell’uomo, elemento esterno alla casa e proprio per questo motivo affascinante e pericoloso al tempo stesso: appena nello “straniero” l’impulso senza freni trionfa sul controllo, prevale la necessità di riportare nelle menti “traviate”delle giovani nuovamente le regole, reprimendo la sensualità sprigionata in poco tempo per tornare alla situazione inziale, fatta di una quotidianeità composta bigotta e repressa.
Terribilmente cinico.
– Sarah Mataloni
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Foto di copertina per gentile concessione della Universal Pictures International Italy