“Il nodo” al Teatro dei Rozzi di Siena: uno spettacolo sul perbenismo, sulla diversità e sull’amicizia
La prima nazionale dell’opera teatrale Il nodo di Johanna Adams è andata in scena l’11 gennaio al Teatro dei Rozzi di Siena, con la regia di Serena Senigallia. Una rappresentazione di grande impatto emotivo, che grazie alle magistrali interpretazioni di Ambra Angiolini e Ludovica Modugno, è riuscita a catturare lo spettatore dall’inizio alla fine, ponendo interrogativi sulla vita, sull’amicizia, sulla genitorialità e sulla scuola.
Gli stereotipi, il perbenismo imperante e il livellamento di un’educazione che rende difficile il percorso di crescita per i bambini più sensibili o più dotati e li immola a capri espiatori.
Una grande prova attoriale per le due interpreti. Perfette nei tempi, emozionanti e dotate di grande presenza scenica, capaci di entrare fino in fondo nei sentimenti e, allo stesso tempo, mantenere assoluto controllo sulla recitazione e sulla messa in scena.
La loro appassionata recitazione ha attraversato il dolore, la diffidenza, l’isolamento, l’emarginazione, la rabbia, la sconfitta, la speranza, lo smarrimento e il livore. Meravigliosa escalation dell’intima natura umana, espressa in poco più di un’ora, durante la quale hanno trattato un tema scabroso come quello del bullismo, letto e vissuto dalla prospettiva di una madre e di una insegnante. Un crudele confronto sull’amore, sull’educazione, sui sentimenti e sulla comunicazione.
“Il nodo non è semplicemente un testo teatrale sul bullismo – ha detto la regista a TGCom24 – (il che basterebbe a renderlo assolutamente attuale è necessario) è soprattutto un confronto senza veli sulle ragioni intime che lo generano. Osa porsi domande assolute, come accade nelle tragedie greche, cerca le cause e non gli effetti”.
Ambientata in una classe di quinta elementare di LaKe Forest, piccola località a 30 miglia da Chicago, l’opera con una drammaturgia asciutta, indaga da subito la quotidianità dei legami affettivi.
È l’ora del ricevimento e una professoressa della classe attende con ansia una telefonata che tarda ad arrivare e che, solo dopo, scopriremo essere per il suo gatto morente. Entra una donna, è la madre di Gidion, un allievo. La donna vuol parlare con la professoressa e con la dirigente. Vuol capire perché suo figlio è stato sospeso e tornato a casa sanguinante e pieno di lividi. Vuol sapere se è stato bullizzato o se lui stesso è stato un bullo.
Nel tentativo di sciogliere questo nodo, la madre incalza, chiede, indaga. L’altra inizialmente evasiva, comincia ad aprirsi. Entrambe si avvicinano e si allontanano come in un duello serrato, per poi incontrarsi là dove emerge il senso di colpa dell’una e dell’altra. Un dialogo secco che, come ha sostenuto la regista, ha le caratteristiche della tragedia greca. Tutti gli sguardi del pubblico orbitano attorno al carisma e alla veridicità delle due donne, tanto vere da non sembrare attrici. O tanto attrici da sembrare vere. Due persone molto diverse eppure, non così tanto lontane psicologicamente, al punto da abbracciarsi, scoprire attimi di empatia dove i vissuti dell’una si confondono e si riversano in quelli dell’altra. Poi, senza eccessi melodrammatici, quando ci si aspetterebbe un perdono la madre esce di scena dicendo:”Io comunque darò la colpa a voi!”
– Paola Dei
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Foto: courtesy Teatri di Siena
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