El futuro perfecto di Nele Wohlatz
SCHEDA
Genere: commedia, drammatico
Titolo originale: El futuro perfecto
Paese/Anno: Argentina | 2016
Regia: Nele Wohlatz
Fotografia: Agustina San Martín, Roman Kasseroller
Montaggio: Ana Godoy
Interpreti: Jiang Mian, Nahuel Pérez Biscayart, Saroj Kumar Malik, Wang Dongxi, Zhang Xiaobin
Produzione: Murillo Cine
Durata: 65′
RECENSIONE
Il cinema non è solo un’esperienza di sala, come ci ricorda il Festival Scope di Rotterdam 2017 dalla cui programmazione è tratto il nostro film, ma è un modo molto influente per riflettere sulle potenzialità del linguaggio meta-cinematografico e non, più di quanto si possa immaginare ..
El futuro perfecto è una pellicola di 65’, e già in questo si differenzia da molti altri film di finzione, da cui non si distanzia però in qualità. Copre l’occhio, alla prima visione, un velo color seppia che si stempera negli ultimi minuti in cui avviene una situazione quasi metonimica e con luce naturale.
Se ci concentriamo sugli ultimi minuti del film, vedremo una ragazza circondata dal verde che acchiappa un gatto in una scatola. Per la trappola si serve di cibo. E quello corre a mangiare tutto e resta li sotto, tranquillo, perchè si sente al sicuro in uno spazio ben delimitato rispetto al bosco. Insomma, c’è un’essere umano che escogita un modo per risolvere un problema e migliorare la qualità della propria vita.
El futuro perfecto si può tradurre in inglese future perfect, e sarà la chiave che ci permetterà di afferrare cosa c’è di filmico nella narrazione. Infatti abbiamo la protagonista, Xiaobin (Zhang Xiaobing), che si trasferisce in Argentina con la sua famiglia. Questi restano stipati tra la casa e la lavanderia, dove i panni che girano negli oblò delle lavatrici disegnano linee come potrebbero fare le lancette di orologi impazziti.
Per loro, il tempo è come fermo, ingrigito. Per Xiaobin, invece, il trasferimento è motivo di accrescimento. Così tra una sequenza e l’altra, osserviamo questa ragazza che cerca di lavorare nei supermarket del posto per imparare la lingua, ma a vuoto.
Di soppiatto dalla sua famiglia, si iscrive ad una scuola di spagnolo, dove ci sono altri cinesi volenterosi come lei. Ora, a parte che nella scuola, e sul finire del film e per una valida ragione, sono pochissime le inquadrature di gruppo nel film. Forse una piccola denuncia sulla distanza tra il popolo di un posto e i nuovi arrivati.
Il punto di vista della narrazione si allarga agli esterni, soprattutto quando Xiaobin o altri mangiano, quasi a ricordare la necessarietà della conoscenza di una lingua per muoversi in una cultura e per esprimere la propria identità.
Le lezioni di spagnolo che Xiaobing paga in modo autonomo e, si basano sul mettere subito in pratica ciò che si è imparato.
La storia continua con la conoscenza dell’indiano Vijai (Saroj Kumar Malik), al quale ha dato subito un appuntamento, per fare ‘conoscenza’ dell’altro. Da ciò, non bisogna aspettarsi approfondimenti pscologici dei personaggi, né un grande amore. Il film prende una piega lenta e le inquadrature son tendenzialmente primi piani. Simpatica la scena del cinema, in cui lui esalta la bellezza del cinema indiano durante il film. E la visione giunge quasi al prolasso, ma con una certa leggerezza di campi e contro-campi.
Interviene allora Beatriz, se non altri la nostra protagonista che, dopo aver cambiato il suo nome cinese con uno argentino, continua il suo viaggio nella lingua e nel piccolo mondo antico intorno a lei, quando scopre insieme ai suoi compagni di studio, il perfetto futuro.
Beatriz riversa in strada la sua voglia di conoscere le possibilità future che la lingua le darà e la vediamo in immagini che sembrano d’archivio, quasi riprese di viaggi che in un futuro avrebbe ricordato con gioia piene di persone attorno a lei.
Un film semplice eppur a tratti visionario, che ci ricorda – come direbbe Jung – “che è dal passato più remoto che viene creato il futuro”. E la lingua ce lo ricorda.