Al maneggio per uno spicchio di vita in più
Frequentare il maneggio per praticare sport, per passione, per amore della natura, a volte per moda… E se diventasse la conquista di un pezzo di vita perduto o mai goduto ?
“Il mio cuore batte all’unisono con il tuo, sento il rumore del mio respiro ansimante quanto il tuo. Ecco la velocità, insieme. L’ebbrezza dell’aria che sbatte sul mio viso, la polvere negli occhi. La temperatura corporea è aumentata. Miriadi di pensieri si sovrappongono nella mia mente ma a nessuno posso cedere, non posso permetterlo, tutta la mia concentrazione deve rimanere su di te, una disattenzione potrebbe costare cara.
Mi stai regalando la libertà del vento, sento di esistere pienamente e ho un po’ paura, ma…. sì, sono proprio io, contro ogni immaginabile possibilità, è uno smarrimento che quasi si dipinge di onnipotenza. Mentre lo sguardo si riempie del verde delle colline e all’orizzonte vedo le cime dei Castelli Romani, tocco la felicità.
Non so per quanto tempo sia durato, qualche minuto o un giorno, sicuramente un pezzo di vita.
Rallentiamo sempre di più, possiamo rilassarci adesso, entrambi.
Chino un po’ il busto in avanti e con la mano accarezzo il tuo collo morbido, possente, muscoloso, umido di sudore come me.
La voce di Gregorio, l’istruttore, risuona dal centro del campo e mi riporta nella realtà: ‘Marco, fai una decina di minuti di passo e per oggi basta così.’ mi dice.
Ci muoviamo lentamente, mollemente, tu con la testa abbassata, io ciondolante, in sella, mi lascio cullare quasi passivamente dal movimento alternato delle tue spalle che, ritmicamente, arriva fin giù alle zampe anteriori.
La mia mente ripercorre meravigliata lo stato d’estasi dal quale sono appena uscito e sorrido sfinito e appagato.
Vivo ormai da due anni quest’esperienza quasi ogni giorno eppure mi lascia ancora incredulo.
Scivolo giù dalla groppa con l’aiuto delle braccia esperte di Gregorio che sa come prendermi e farmi approdare seduto sulla mia sedia a rotelle.
Rieccomi qui, il mio viso all’altezza dello stomaco del mio istruttore, all’altezza dello stomaco di tutti coloro che incontro.
Muovo le ruote e percorro il corridoio centrale della scuderia affiancando Gregorio che accompagna Grashon nel suo box.
Anche oggi si è compiuto il miracolo: l’ippoterapia ha cambiato la mia vita.”.
La TMC (Terapia col Mezzo del Cavallo), introdotta in Italia nel 1975 dalla dottoressa belga Danièle Nicolas Citterio, attraverso l’interazione uomo-cavallo, agisce sui livelli neuro-motorio e neuro-psicologico.
Le diverse andature del cavallo impegnano all’unisono numerosi gruppi muscolari e vari campi della psicofisiologia. Il movimento ritmico del cavallo trasferisce un messaggio di regolarità metronomica che rasserena il cavaliere e, in quanto prevedibile, gli consente di adattarvisi facilmente con i vari movimenti del proprio corpo.
L’estrema sensibilità del cavallo al linguaggio del corpo induce nel cavaliere una sempre più raffinata ricerca di precisione nei propri movimenti che sfocia nel miglioramento continuo della sintonia con l’animale e costituisce un forte stimolo a favore della riabilitazione.
Il rapporto con il cavallo provoca sentimenti e forti emozioni ed è ormai universalmente riconosciuto che lo stato di benessere derivante coadiuva e amplifica il processo di miglioramento riabilitativo.
Strumento prezioso, dunque, l’ippoterapia, che merita di essere promossa e doverosamente messa a disposizione dei cittadini attraverso l’incremento e il sostegno dei maneggi anche nelle aree urbane.
Patrizia Indiano
foto di evidenza: https://morguefile.com/p/642003