AAA: cercasi principe azzurro disperatamente
Pensate che il principe azzurro sia un’idea romantica ottocentesca ormai superata?
L’enorme successo di “Cinquanta sfumature di nero” (uscito guarda caso a San Valentino n.r.d.), con le sue schiere di fan femminili che sognano un Mr Grey, sembrerebbe affermare il contrario.
Pretty Woman (1990) ha avuto il suo venticinquesimo passaggio televisivo lo scorso 18 gennaio 2017; ancora una volta ascolti ottimi (sebbene in termini di numeri assoluti, un po’ calati dopo le numerose repliche). Tuttavia, nei giorni successivi alla messa in onda, una messe di testate ne ha esaltato gli ascolti, come il seguente che parla del 14,5% di share.
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Oltre ai dati, l’occhio cade subito sul titolo di questo articolo che si interroga, come molti studiosi e non, del gradimento apparentemente inscalfibile di quello che è uno dei film più amati di sempre. Una delle spiegazioni del successo duraturo sta nel suo presentarsi in modo esplicito come favola che si inspira spudoratamente alla fiaba di Cenerentola.
CENERENTOLA E LE ALTRE.
La storia è conosciuta: lei non manca di virtù ma è vittima della cattiva sorte, della perfida matrigna e di una condizione di indigenza economica; come se non bastasse, la povera sfortunata è poi messa in pericolo da una malvagia strega… ma alla fine il prode principe a cavallo del bianco destriero salva la sua amata. L’incontro con il principe e il matrimonio consentono il lieto fine, quell’happy end che ci risuona nelle orecchie sin dalle prime favole che mamma o papà ci leggevano al fine di conciliare i nostri dolci sonni: “e vissero per sempre felici e contenti”.
Ma nulla è dato sapere del dopo, perché niente deve scalfire la mitica felicità che è stata raggiunta e che per la protagonista femminile consiste esclusivamente nel coronamento del sogno d’amore, l’unico sogno della sua esistenza. La realizzazione femminile avviene grazie ad un buon matrimonio, e quindi ad un uomo che le permette di elevare la sua condizione.
LOVE STORIES ANNI 2000: LA FAVOLA SI RIPETE.
Stessa solfa per due grandi fenomeni degli anni 2000: la saga di Twilight e la trilogia delle Cinquanta sfumature. Le vite di due ragazze ordinarie, Bella Swan e Anastasia Steele, vengono sconvolte dall’incontro con Edward Cullen e Christian Grey, i due principi azzurri dalle doti straordinarie. Di nuovo l’amore, incarnato dal principe azzurro che salva e redime la figura femminile.
Ho scelto di usare due prodotti che hanno avuto grandissima risonanza internazionale, che mettono in luce un’idea romantica del principe azzurro e che, come vedremo più avanti, tanto romantica forse proprio non è.
Non prenderò in esame prodotti/opere che invece hanno cercato di aggredire l’argomento ponendosi quesiti sul tema dell’emancipazione femminile perché questi ultimi, pur avendo registrato in alcuni casi un buon riscontro di pubblico, sono molto lontani dall’aver assunto le dimensioni di vero e proprio fenomeno mediatico, che invece è accaduto per Twilight e a Cinquanta sfumature. (Vedi le cifre al box office e cosa riporta l’Ansa).
Perché ho agito così? Presto detto: il loro successo di massa rivela che le idee più progressiste su questioni di emancipazione femminile hanno meno presa sul grande pubblico generalista. Ecco motivata la piccola indagine a sostegno di questa tesi.
LA PAROLA A UNA FAN.
Prima di addentrarmi in riflessioni critiche ho pensato fosse interessante sentire il parere delle fruitrici. Un numero impressionante di followers e di likes sulle pagine Twitter e Facebook di questi due film, e dei libri, materializza il concetto di fenomeno collettivo appena citato. Così girovagando fra le varie comunità di fandom presenti sui social network, sono riuscita a trovare una fan disposta a raccontarmi della sua grande passione sia per la saga di Twilight sia per la trilogia delle Cinquanta sfumature, e sopratutto per i personaggi maschili: il vampiro Edward Cullen e Mr. Christian Grey.
CARTA D’IDENTITÀ DEL PRINCIPE AZZURRO: SEGNI PARTICOLARI BELLISSIMO E … RICCHISSIMO!
Dicono che il denaro non faccia la felicità, ma se devo piangere preferisco farlo sul sedile posteriore di una Rolls Royce piuttosto che su quelli di un vagone del Metrò.
Marylyn Monroe
Si narra che la diva Marilyn avesse pronunciato queste parole. Vere o meno che siano, ripropongono una questione antica quanto il mondo: l’importanza del denaro nell’esistenza umana.
Cosa c’entra con le favole e i principi azzurri? Molto più di quanto apparentemente sembri non contare per il pubblico femminile che vede solo l’Amore puro tra i due protagonisti, laddove invece la relazione amorosa è fortemente condizionata dal denaro. La maggior parte delle spettatrici tende a non riconoscere questo aspetto per così dire utilitaristico della love story perché il volgare interesse materiale macchia la purezza dei sentimenti amorosi, assoluti e incondizionati, e il relativo piacere che provoca la credenza in essi andrebbe perduto.
Se poi guardiamo all’identikit dei più recenti principi azzurri vediamo come la ricchezza sia una caratteristica sempre presente. Il moderno principe ovviamente ha subito variazioni e aggiornamenti: è un uomo d’affari multimilionario, non va più in sella su un cavallo bianco ma guida automobili costose e jet privati, al posto di antichi castelli ci sono ville sfarzose e attici lussuosi.
Ovviamente il perfetto principe azzurro per essere tale deve avere anche altre caratteristiche: bellezza mozzafiato, carisma, intelligenza quanto basta, eleganza, savoir faire, gentilezza… insomma non è un uomo normale ma un Dio!
Ogni principe poi ha qualche caratteristica specifica: i principi Disney hanno sorrisi bianchissimi, il coraggio di sconfiggere draghi feroci e sanno anche cantare e ballare! Il cinico uomo d’affari multimiliardario di “Pretty Woman” ha un’eleganza e uno charme davvero rari; Edward Cullen, il vampiro di “Twilight”, è bellissimo (nel libro ciò viene scritto praticamente una pagina sì e l’altra pure!), immortale, può leggere nel pensiero quindi è il primo uomo sulla faccia della terra a capire le donne. Ma veniamo a Mr Grey, l’idolo delle fanciulle in preda alle tempeste ormonali per la sua straordinaria prestanza sessuale capace di dare orgasmi multipli e ripetuti alla sua Anastasia.
La capacità di essere un eccellente amatore è uno skill notevole ma, in definitiva, la presenza massiccia dei soldi insinua un dubbio ingombrante: la “povera” donzella si filerebbe il “principe” se lui non fosse schifosamente ricco?
LE RAGAZZE DELLA PORTA ACCANTO: STRATEGIE DELL’IDENTIFICAZIONE.
Quindi il bisogno del principe azzurro nasconde il desiderio di essere ricche senza sforzo e di possedere cose e fare viaggi costosi?
La cosa è più complessa. Prima di tutto il denaro dà potere e il potere, da che mondo è mondo, affascina e attira gli esseri umani. Per fortuna nella realtà non esistono solo arrampicatrici sociali ma certo è che negli esempi di finzione, e soprattutto in Cinquanta sfumature di nero che è il motore di tutta l’analisi, l’immagine della donna che esce fuori dal personaggio di Anastasia non è affatto lusinghiera.
Perché allora tutto questo grande successo?
A parte i soliti motivi più scontati, quali la curiosità per la storia, l’attrazione proibita per un certo tipo di sessualità (anche se di veramente erotico fatto bene non se ne vede nemmeno l’ombra) o la solita ricerca dello svago leggero per un paio d’ore, la vera motivazione è da individuarsi nelle strategie di identificazione messe in atto nel film e ancor meglio nel libro: la celebrazione della normalità della protagonista femminile che la rende accettabile agli occhi del pubblico femminile tanto da far passare in secondo piano la problematica etica dell’interesse economico. Ci si identifica molto più facilmente con qualcuno che vediamo come simile a noi. Nella versione letteraria Anastasia viene descritta come una ragazza assolutamente normale, quasi banale e insignificante (anche la protagonista di Twilight, Bella Swan, viene tratteggiata in modo simile). Questa strategia, coadiuvata dal punto di vista formale con la narrazione in prima persona di Anastasia, ha la precisa funzione di dare alla lettrice il consolatorio piacere della speranza per tutte le ragazze “normali” di trovare il loro Grey, il loro principe azzurro.
DESIDERIO, CONSUMO, PIACERE.
Desideri, bisogni e piacere: questi sono i termini principali intorno a cui ruota tutta la logica del principe azzurro che ci salva dall’infelicità e da una condizione economico-sociale mediocre (le due cose sono estremamente connesse). Secondo uno studioso di nome Abraham Maslow, gli esseri umani hanno dei bisogni primari imprescindibili tra i quali spiccano il sesso, la sicurezza economica e quella affettiva. Il bisogno d’amore, di essere amati e di amare è enorme, l’amore fa sentire vivi.
La ricerca della propria metà della mela nella realtà è faticosa, spesso infruttuosa, allora corre in soccorso il film che tiene in piedi la relazione virtuale della spettatrice con il principe azzurro sullo schermo, nell’impossibilità di averne una reale che ne sia all’altezza. In definitiva il consumo compulsivo dei prodotti dell’industria culturale serve a soddisfare, anche se in maniera fittizia, il bisogno ancestrale d’ amore, i desideri sessuali e i (bi)sogni di una vita agiata. Tutto questo complesso di desideri e bisogni investiti nel film torna indietro allo spettatore sotto forma di piacere, semplicemente attraverso la loro illusoria realizzazione sul grande schermo.
Questa ipotesi del processo spettatoriale potrebbe servire a spiegare il successo delle favole romantiche e del desiderio del principe azzurro nel pubblico femminile. Determinati film e determinati libri sono sogni (ad occhi aperti) di matrice compensativa, piaceri consolatori delle nostre vite imperfette, cioè non aventi quella pienezza che è data dalla perfezione che nel mondo reale esiste solo come perfettibilità.
MA SIAMO SICURE CHE VOGLIAMO IL PRINCIPE AZZURRO?
Una volta compreso perché abbiamo così bisognosi del principe azzurro, sarebbe utile aguzzare il senso critico per fare un ulteriore piccolo passo avanti, magari per liberarci una volta per tutte di questa idea. Ma come? Andando al cuore del problema: la cultura patriarcale domina da secoli nella società occidentale. Ma questo lo sapevamo. Il principe azzurro ne è un’espressione diretta, una delle più durature nel tempo. La cultura patriarcale, in estrema sintesi, vede il dominio del soggetto maschile sull’oggetto femminile. Le favole, classiche o moderne che siano, ripropongono in parte o del tutto questo schema: l’uomo agisce, la donna si limita ad essere agita dall’uomo. Volgendo ancora lo sguardo alle narrazioni di finzione di cui abbiamo parlato, possiamo notare come la relazione tra i due sessi si basi su un rapporto di potere squilibrato. Sotto l’innocua apparenza della (iper)protezione si cela una limitazione della libertà di movimento e decisionale del soggetto femminile.
In Twilight, Bella Swan si trova più volte in pericolo di morte e viene ripetutamente salvata da Edward; la loro relazione è fortemente marcata da un rapporto di forte riverenza e adorazione da parte della giovane per il semi-dio immortale dalle mille qualità, che si traduce in un rafforzamento della sua superiorità. In Cinquanta sfumature di nero la sindrome della crocerossina redentrice viene spacciata per emancipazione e mostrata come un tentativo di gestione della relazione sessuale da parte della donna. Il maschio alfa deve riconfermare il suo possesso sulla sua donna attraverso gesti plateali: Grey compra la casa editrice dove lavora Anastasia per porre fine alle molestie del suo datore di lavoro, punendo un altro maschio che ha osato sfidarlo, mettendo gli occhi su una sua proprietà. Questi sono solo alcuni degli esempi di forme eccessive di possessività e ossessività spacciate per grande amore.
Agli occhi di molti appare (o viene fatto apparire) come desiderabile ciò che agli occhi più critici di altri appare assolutamente indesiderabile. Il principe azzurro rivela degli aspetti tutt’altro che rassicuranti in quanto normativamente tradizionalistici, conservatori, se non addirittura coercitivi.
Ora, come a me credo anche alle lettrici, ma non di meno ai lettori (dei quali il punto di vista è chiaramente altrettanto necessario) potrebbero lecitamente frullare in testa alcune domande:
Ma siamo proprio sicure che vogliamo questo principe azzurro? In fondo chi ha detto che abbiamo bisogno di essere salvate? Non possiamo salvarci da sole?
A voi la parola.