Tulipani di Seta Nera 2021: Il festival dell’inclusione, della resilienza e della sostenibilità
Tulipani di Seta Nera 2021 torna in presenza al Cinema Giulio Cesare di Roma dopo la versione televisiva dello scorso anno per la pandemia. Si tratta del primo festival internazionale in Italia a ripartire dal vivo, anche se in versione streaming per coloro che non sono potuti intervenire per il contingentamento e le misure anti Covid19.
Tulipani di Seta Nera 2021 giugne alla sua XIV edizione e vanta collaborazione prestigiose: Rai Cinema, Rai per il Sociale, Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, Festa del Cinema di Roma, a cui si aggiunge quest’anno l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS).
La nostra critica cinematografica e docente di psicologia dell’arte, Paola Dei, vicepresidente della giuria di VariEtà del Festival Tulipani di Seta Nera 2021, ha recensito tre dei dodici cortometraggi finalisti.
La voce
Regia: Luca Grimaldi
Durata: 11,52 minuti
Data di realizzazione: 2019
Genere: Drammatico
Sceneggiatura e soggetto: Luca Grimaldi
Produzione: Andrea Basile Works Save The Cut SRL
Entrare nelle immagini spigolose di una narrativa in nero, girata come un thriller su fondo blu, è funzionale alla regia per far percepire allo spettatore un senso di malessere pervasivo e disturbante. Il blu possiede aspetti d’ombra importanti che, nel corto di Luca Grimaldi, descrivono un sentimento inquietante e delimitano lo spazio di un legame dove le mani, evidenziate in momenti diversi del film, sembrano essere le protagoniste assolute della relazione, caricandosi di significati. Un dettaglio che il regista illumina attraverso chiari e scuri con efficaci soluzioni fotografiche e montaggio.
Una relazione disfunzionale, dove i personaggi sono scorticati dalla loro stessa sofferenza, come ombre indissociabili dal loro corpo, eppure surreali. Ricordi scomodi, simbolismi, memorie, in quel blu che evoca la figura materna del protagonista maschile, di cui la ragazza sembra essere la presenza reincarnata. Il regista sceglie di usare il monocolore per raccontare i vissuti del protagonisti connotando la narrazione di una straordinaria potenza evocativa.
Nel cambio di stanza, il bagno di colore giallo, rimanda alla follia, all’insicurezza e fa assumere alle sequenze un tono inquietante, presagio di sventura. Nonostante i colori irreali e la scelta registica, assolutamente condivisibile, di non mostrare il colore del sangue, le scene sono connotate da un grande realismo percettivo. Solo nelle riprese esterne il regista utilizza tutti i colori; interno ed esterno divengono metafora di interiorità ed esteriorità attraverso la temporalità degli accadimenti. Con pochi elementi visivi e sonori il regista ci racconta infatti un incontro connotato di tenerezza per poi approdare a un presente che sa di incubo.
Meritevole di attenzione è anche l’uso della musica, che conferisce espressività alle immagini senza alterarne il senso. Il contenuto emotivo dei suoni assume, infatti, diversa intensità in base ai diversi momenti e il campo visivo si fonde con quello sonoro. Le note cambiano il ritmo e si fanno ambiente, alternandosi al respiro del protagonista maschile, mentre la ragazza ha solo voce ma manca di respiro. Un’ottima soluzione di regia per accompagnarci alle scene finali, che sono come un pugno nello stomaco e rivelano la vera natura del rapporto.
The Quarantine Path
Regia: Davide Lomma
Durata: 8,36 minuti
Data di realizzazione: 2020
Regia: Davide Lomma
Genere: Science Fiction
Sceneggiatura: Francesco Furiosi e Davide Lomma
Produttore: Tr3sessanta e Studio Impronta
Tulipani di Seta Nera 2021 ha consegnato al regista una targa per l’attenzione alla tutela dell’ambiente. Il film ha inoltre vinto un premio in denaro da parte della Fondazione UniVerde. Ha consegnato il premio il Presidente del Consiglio Generale, Alfonso Pecoraro Scanio.
Una favola ecologica e una rivoluzione che evidenzia un ecosistema virtuoso catturato con una fotocamera durante il periodo de lockdown. In un mondo frenetico e dominato dalla corsa sono i momenti come questi che consentono di ricoprire i veri valori della vita e permettono una riflessione a tutto tondo sulla possibilità di tutelare l’ambiente in cui viviamo, sull’inquinamento, sugli animali a rischio di estinzione che, proprio in questo periodo, sono tornati a popolare habitat considerati a rischio.
Lontano da finti umanismi e dalla presunzione di insegnare qualcosa, il regista ci racconta una esperienza individuale e positiva in un momento complesso come quello che abbiamo attraversato. Un modo per affrontare il periodo di quarantena del Covid19 in maniera costruttiva. fra lockdown e zone rosse. Come la maggior parte della popolazione, una famiglia si trova a vivere molte ore in casa senza potersi allontanare oltre i 200 metri, ma è proprio in quel terreno, a pochi metri di distanza metri da casa, che il protagonista scoprirà nuovi mondi, facendo scoccare la scintilla che risveglia in lui e nei bambini la curiosità. Inizia a pulire il terreno e piazza una telecamera.
La trama si concentra sulla scoperta di un mondo sconosciuto che riannoda un legame spezzato, abbattendo la linea di confine che separa le specie animali dall’essere umano e incastona la vita a colori dei bambini con le storie di animali filmate in bianco e nero, restituendo allo spettatore un progetto globale della natura. Gli animali a quattro zampe diventano parte della vita della famiglia che abita in mezzo a corridoi ecologici in maniera reciprocamente autonoma.
Davide Lomma ci offre straordinari ritratti di organismi viventi che coesistono sulla terra insieme all’uomo e una sensazione unica di amore e unione con la natura. “Ho cercato di ritrovare un legame spezzato da generazioni” dice il protagonista, in una delle scene del film, di cui, in maniera semplice e diretta, propone una riflessione filosofica, teologica e scientifica. Lo fa uscendo da una posizione antropocentrica e ottusa, ma facendoci comprendere che l’evoluzione non ha un piano e l’essere umano non è migliore delle altre specie.
La visione panoramica dall’alto, con una inquadratura larga che evidenzia le mappe e i percorsi delle specie animali fotografate e filmate fra i corridoi ecologici che si popolano di notte, enfatizza la coesistenza di un tutto che vale più della somma delle singole parti. La scelta del regista di proporre la storia di un padre con i figli, senza mai mostrarci una madre, ma evidenziando la madre terra, appare originale e azzeccata, e apre a riflessioni tutt’altro che banali.
“Ci sono tempeste che vedi arrivare da lontano ma quando arrivano portano quell’acqua che la terra stava aspettando da tanto tempo” dice ancora il protagonista. facendoci comprendere come non si debba sempre maledire un evento che ci coglie di sorpresa.
Spesso dietro a quell’evento scopriamo il miracolo della natura che si risveglia e che invita a riscoprire gli spazi di un tempo, la terra, la condivisione, i ritmi naturali del vivere e il rispetto per tutto ciò che ci circonda.
Verdiana
Regia: Elena Beatrice e Daniele Lince
Durata: 10 minuti
Data di realizzazione: 2020
Cast: Erica del Bianco, Dario Leone, Angela Finocchiaro
Genere: Commedia
Sceneggiatura: Elena Beatrice, Giovanni Busnach e Daniele Lince
Produttore: IED Milano, spazioCinema con il sostegno di OffiCine e Parmigiano Reggiano
Il corto ha vinto il premio Tulipani di Seta Nera 2021 per la televisione, consegnato dal direttore di Rai per il Sociale, Giovanni Parapini.
Una storia di sentimenti che invoca anche il rispetto per l’ambiente dove Angela Finocchiaro, perfettamente nella parte, assume le connotazioni di un essere etereo: fata o stravagante signora, che ha il compito di salvare un rapporto di coppia.
Una relazione connotata da inadeguatezza comunicativa dove i protagonisti sembrano non sentire ciò che dice l’altro e non riuscire a farsi comprendere, come dentro una bolla creativa all’interno della quale è racchiuso solo uno dei due membri della coppia, evocata dalla compagna di Michele, il protagonista.
Il non sento, non parlo diviene una asfittica realtà e i due compagni, dopo una serie di visite specialistiche e controlli, giungono da una Maestra Zen vestita di bianco con un volto senza trucco che, concentrandosi sul respiro, accoglie serenamente i due e comprende ciò di cui hanno bisogno: una piantina.
Una lezione che, in contrasto con le interiorità abbandonate in mezzo a una
epoca di sollecitazioni sfrenate, indica loro un percorso che gli permetta di riconnettersi con l’ambiente, rispettarlo e al tempo stesso, rispettare se stessi.
Non c’è superiorità di una cosa verso l’altra, anzi, abbiamo bisogno di entrambe e abbiamo bisogno di mantenerle entrambe in vita. Si trasformano i sentimenti e si trasformano i suoni e i colori utilizzati dai cineasti all’interno della struttura narrativa che ci accompagna a scoprire un semplice/grande nome: Natura. Le piante, esattamente come noi, attraverso le radici, hanno proprietà sensoriali e percepiscono informazioni sulla qualità dell’ambiente in cui viviamo.
Elena Beatrice e Daniele Lince, coppia nel lavoro e nella vita, raccontano con delicatezza e originalità, senza scadere negli stereotipi, una deliziosa storia dall’incipit accattivante che permette a Luisa e Michele di ritrovare la complicità e, con essa, la voce e l’udito. I due, prima tristi, nervosi, inquieti e infelici. Dopo la terapia Zen scoprono che le piccole cose fanno parte dell’ecologia psichica e che i semi della serenità attecchiscono soltanto su un terreno concimato con affetto, altruismo, generosità, gentilezza.