Altaroma 2020: Artisanal Intelligence, alla scoperta delle piante tintorie
L’Artisan Intelligence è il must dell’edizione invernale di Altaroma 2020. L’ecologia fa il suo ingresso trionfale nella produzione tessile, a favore di nuove risorse green da impiegare nel campo del fashion, da sempre considerato come il settore industriale delle mode fugaci e delle tendenze passeggere .
La presidentessa di Altaroma, Silvia Venturini Fendi, ha espresso la volontà di sensibilizzare i giovani talenti verso le tematiche ambientali, grazie a esempi concreti di alternative naturali da utilizzare nel processo produttivo. Da questa scelta nascono i laboratori creativi di Artisanal Intelligence, in un herbarium ispirato a quello della celebre scrittrice Emily Dickinson.
Un herbarium nell’Ex Caserma Guido Reni
Il laboratorio permanente allestito nell’Ex Caserma Guido Reni è strutturato come una piccola serra con giardino, allestita con diverse installazioni, stampe e libri antichi gentilmente concessi dall’Accademia di Belle Arti di Roma, l’Accademia di Costume e di Moda di Roma, l’Accademia di Belle Arti di Napoli e Naba Milano. Gli interni ricordano un vero e proprio erbario, ovvero una delle prime forme di ricerca scientifica che fossero permesse a una donna ai primi dell’Ottocento. Fra quadri e campioni di erbe troviamo anche un abito di Galitzine, su immagine di Dior, della collezione di autentici della Sartoria Farani, che fa riecheggiare nella mente di chiunque lo guardi il dipinto di John Everett Millais di Ophelia.
A lezione di Artisan Intelligence
In questo scenario naturalistico ed etereo si sono svolte delle lezioni e dei workshop in collaborazione con alcuni dei massimi esperti del settore, il prof. Andrea Bonito, curatore del Giardino dei Semplici del Museo Orto Botanico di Roma, con l’esperta di tecniche di tinture naturali per la moda e per il cinema, Maddalena Marciano, insieme a Gaia Ceriana Franchetti, documentarista ed esperta della cultura tessile indiana.
Ma quali sono le piante tintorie più diffuse ed efficaci per le stoffe?
Durante questi workshop gli esperti ci suggeriscono il blu di guado, chiamato anche oro blu per il grande prestigio dovuto alla laboriosità del processo produttivo, il quale può durare diverse settimane; la robbia domestica, per tingere i tessuti di arancione e rosso, l’Allium cepa, comunemente chiamata cipolla, o la noce, per ottenere il giallo; tutte tecniche ancora molto in uso soprattutto in Asia, provenienti da secoli e secoli di tradizione. In particolare, si è tinto in diretta alcuni campioni di tessuto con il guado, per poi lasciarli asciugare all’aria, nel bel mezzo della location della Rome Fashion Week, destando tante attenzioni e complimenti da parte dei visitatori dell’evento.
Se c’è, però, una cosa ancor più ecologica della produzione naturale di tessuti colorati, questa deve essere sicuramente il riciclo: direttamente dall’Accademia di Belle Arti di Napoli abbiamo avuto la possibilità di toccare con mano il VeggyTex, un tessuto interamente vegano, ideato e realizzato dallo studente Huang Shi Yi nell’ambito del corso Tecnologia dei nuovi Materiali tenuto dalla prof.ssa Giulia Scalera. Questo tessuto nasce dall’ibridazione tra tessuti di scarto ed elementi naturali ricavati da scarti di frutta e verdura come spinaci, cipolla e carote. Il progetto sperimentale intende dare nuova vita ai brandelli di tessuto, creando un’evoluzione del classico tweed.
Dunque, le idee per cambiare rotta ed attuare una trasformazione nel modo di concepire la moda ci sono, così come gli strumenti, ora più sostenibili che mai. Non resta che accogliere le valide idee proposte dall’Artisanal Intelligence e favorire sempre di più i brand Conscious.
Per conoscere più sull’argomento e, magari, scoprire qualche brand sostenibile, non dimenticare di seguire i prossimi articoli su questa edizione di Altaroma.
– Lucrezia Reale
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Photos: Herbarium @Lucrezia Reale
Hand Courtesy of Artisan Intelligence
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