Pasolini a teatro: torna Ragazzi di vita
Massimo Popolizio riporta in scena la trasposizione teatrale del romanzo pasoliniano
Ragazzi di vita, romanzo di Pier Paolo Pasolini del 1955, solca ancora una volta dopo il 2016 il palcoscenico teatrale. Con la regia di Massimo Popolizio e la voce narrante di Lino Guanciale, lo spettacolo è in scena al teatro Argentina di Roma fino al 27 ottobre 2019.
Molti gli spettatori che hanno accolto con calore il cast già presenti alla prima del 15 ottobre, per uno spettacolo che promette essere una rappresentazione a metà tra la Roma antica e quella di oggi, con temi che sono ancora oggi attuali.
Con lo spirito guida della penna di Pasolini e la drammaturgia di Emanuele Trevi, l’azione scenica appassiona, grazie a uno straordinario corpo di attori, tra i quali senza dubbio spicca Lino Guanciale. È proprio il noto attore il primo a entrare in scena, è il narrator, ma al tempo stesso anche uno spettatore e fornisce gli elementi che mettono in contatto il pubblico con i personaggi. Entra in scena con un completo giacca e cravatta e inizia a declamare, con un accento non proprio romano, i luoghi in cui si svolgeranno le storie: è la Roma delle borgate del primo dopoguerra. Inizia così, con un’ampia descrizione delle strade di una Roma che è cambiata rispetto a quella di oggi ma che come si vedrà nel corso dello spettacolo resta sempre la stessa. Dopo di che, a uno a uno entrano gli altri personaggi: Riccetto, il protagonista, con gli amici di sempre.
Come nel romanzo anche qui il linguaggio è particolare, volgare ma adatto all’anima dei personaggi, essenziale a rendere la storia ancora più viva, con quelle tipiche espressioni dialettali che non trovano grandi traduzioni in italiano, e se ce ne sono, non rendono comunque l’idea. Il dialetto è quindi la lingua con cui si esprime la brutalità delle vicende. Ad accompagnare la parola ci sono i gesti, impacciati, grezzi, a tratti repentini e violenti. Ogni tentativo di idillio è smorzato, come per esempio nella presentazione di Nadia, una donna sensuale a modo suo con “peli neri come il diavolo” e una voce decisamente poco femminile.
Durante lo spettacolo vengono affrontati svariati temi come la miseria, l’omosessualità e la morte. La vita è dura, si comprende sin dall’inizio, la stessa morte funge alle volte da liberazione, come nel caso di Amerigo, che raccontandola ci fa capire che forse è stato meglio così. Agli occhi degli altri personaggi c’è però una sorta di incomprensione, come se non se ne capisse il motivo nel piangere una persona. C’è zero pietà per i vivi, non ce ne può essere di più per i morti. Quest’indifferenza verso la morte è rimarcata ancora di più verso la fine dello spettacolo quando, davanti ad un’altra vita spezzata, il protagonista Riccetto volta le spalle e si incammina altrove. Il tema della vita è mostrato attraverso la metafora dei cani che lottano tra di loro, con confronto violento, dove è il cuccioletto più debole che tenta di riscattarsi fino all’ultimo contro qualcuno più feroce di lui per finire poi schiacciato. Ma infondo in questa vita basta poco per essere felice, un bel maglione azzurro per esempio. Questa vita così struggente e piena di sacrifici viene resa al pubblico anche dal narratore che tra una scena e l’altra sembra riprendere fiato come chi ha appena superato una disgrazia e si appresta ad affrontarne un’altra.
Tutte le vicende di Ragazzi di vita sono raccontate su un palcoscenico dalla scenografia scarna ed essenziale, che risulta però funzionale ed efficiente allo spettacolo stesso. Un telo e un proiettore aiutano a far capire meglio l’ambientazione. Da notare, e apprezzare, come tutti i cambi di scena avvengano a sipario aperto, semplicemente illuminando di più la scena che si sta svolgendo ancora mentre la scenografia si muove dietro.
Lo spettacolo dura 106 minuti senza pause ma il tempo scorre mentre i ragazzi di vita ci mostrano la loro storia. La visione resta quindi interessante e gradevole soprattutto se si fornisce una chiave di lettura più attuale ai temi trattati.
– Michela Orelli
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Foto e video: courtesy Teatro di Roma
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