15092017 di Veronica Pacifico
Uno cinque nove due zero uno sette è l’algoritmo dell’appartenenza al sistema cibevisivo.
Ciascun essere umanoide è chiamato alla ricerca dello stesso da quando nasce a quando muore, da quando apre gli occhi, a quando li chiude. Il sonno genera il dolore, da cui l’umanoide deve liberarsi entro la morte.
Nessuno mai ci è riuscito. Chi trova l’algoritmo, è colui o colei che raggiunge lo stato della felicità, oltre la quale si può tornare nel passato o muoversi nel futuro, senza che la cosa comporti più dolore.
Oltre lo stato della felicità, chi usa il dolore è colui o colei che è capace di farlo solo a livello dimostrativo e non per ferire o per uccidere altri.
Nel tormentoso mattino, in ogni dove del Mondo Cubo, l’umano deve raccogliere metalli nelle rocce dello stesso. Esce liberamente di casa con il dolore addosso e scarica lo stesso scavando rocce multiformi, all’interno delle quali, raccoglie pepite di metalli colorati, ciascuno dei quali nel sistema cibevisivo, rappresentano una cifra.
Ciascun umano vive in abitazioni essenziali, dove è assicurata ogni necessità, luce acqua calore. Dorme su tappeti dove è riprodotta la cifra che si avvicina all’algoritmo, perché abbia come unica ambizione quella di arrivare allo stato di felicità.
Micol è una ragazza dai capelli rossi sin dalla nascita e lavora come tutti. Ha gli occhi verde acqua e non sorride mai. Ha nel cuore un sogno, la felicità, e non ha motivo di fingere. Aspetta. Il dolore di Micol è lo stesso di Chi. Lui vive in Giappone e non ha paura dei terremoti.
Chi scava, così come Micol, trova metalli colorati, che il sistema cibevisivo riproduce, tentando di ricreare un mondo alternativo, immaginifico. Questa riproduzione si chiama Televisione, bisogna immaginarla come una casa con terrazza su cui chiunque può accedere.
Gli umanoidi guardano la Televisione alla ricerca di un’intuizione, che possa permettere loro di trovare colori da aggiungere al sistema cibevisivo.
La Televisione, infatti, prende informazioni dal sistema cibevisivo, ma resta un sistema incompleto e fondato solo sul dolore.
Gli umanoidi la guardano e si convincono di notte che il dolore sia fuori da sé e trovano un po’ di pace, per poi ritrovarlo di giorno quando vanno a lavorare le rocce.
Una notte, ci fu una scossa di terremoto fortissima nella città di Kyoto perché gli umanoidi avevano scavato così in profondità, che il Mondo Cubo aveva avuto uno sconvolgimento incredibile e i rossi avevano preso il posto dei verdi.
Chi era di Kyoto. Nella notte in cui ci fu il terremoto, aveva trascorso la notte su Cielopy con Micol. Loro due si erano conosciuti alla Gran Giornata del Fumetto del Mondo Cubo e si erano trovati bene. Loro due erano amici per la pelle e sognavano la felicità. Quella notte, poi, avevano parlato dei colori e avevano riso, avevano riso, avevano riso. Mentre i colori si agitavano nelle rocce.
E la loro gioia, così pura e spontanea, fu tale, che le videocamere di sorveglianza del Governo che erano nelle case, decisero di mandare in filodifffusione la cosa sulla Televisione. Tutti stavano a guardare, qualcuno alzava le sopracciglia, ma non importava più.
Qualcosa aveva sconvolto il Mondo Cubo.
La mattina seguente, gli umanoidi non nutrivano più il tormento e avrebbero lavorato con una certa serenità e lentezza nel cuore. I pensieri non si agitavano più e colpivano come saette altri umanoidi, ma arrivavano come arriva il nero, o il marrone, il colore delle relazioni interpersonali.
Le parolacce e le offese rimbalzavano come pietre sull’acqua, il gioco che gli umanoidi facevano in vacanza per sorridere. Veniva insegnato loro quando erano piccoli perché la disciplina fosse la prima a guidarli nel sistema cibevisivo.
Da quando il rosso e il verde avevano cambiato posto, e gli umanoidi avevano sorriso non solo vedendo le rocce saltare sull’acqua, ma anche mentre due amici godevano parlando di colori con estrema sincerità, qualcosa nel sistema cibevisivo era cambiato senza colpo ferire. E tutti potevano fare lo stesso.
Un fatto strano era accaduto, ma il primo ad accorgersene fu il bull terrier di Micol, Sergio, e cioè che le cifre che si avvicinavano all’uni cinque zero nove due zero uno sette erano scomparse.
I numeri erano di nuovo nel caos ed il Mondo Cubo che aveva per un attimo girato su di sé, aveva tremato per un attimo come un umanoide fa con un’emozione diversa da quella che vive. Ma resta in sé.
Non era nulla di grave, un assestamento del colore e le videocamere di sorveglianza avevano ripreso tutto stavolta e tutti poterono vedere come fa il Mondo Cubo quando cambia colore. E tutti impararono qualcosa.
Quel giorno, Chi accese Cielopy e chiamo Micol per dirle che non soffriva più e che non aveva paura di dirlo.
Micol, poi, fece lo stesso.
Sergio abbaiò.
Dalla finestra, un altro cane abbaiò. Si sentì ridere.
Sulla strada c’era una signora, Giada. In quel momento, mentre gli umanoidi riconoscevano i colori senza dolore, Giada, con il suo carattere burbero, sgridò il signore che manteneva il suo cane Timoteo al guinzaglio. I due erano a qualche metro di distanza, ed invece di proseguire dritti, si voltarono e vollero affrontare la situazione sino in fondo.
“Il suo cane ha abbaiato contro di me” – disse Giada.
“Sei tu che hai imbruttito al mio cane” – disse il signore che teneva un ombrello con sé. Pareva molto indaffarato.
Timoteo tirò il signore in quel mentre e l’ombrello cadde a terra. Il signore doveva sembrare davvero divertente, perché la signora Giada rise di buon gusto.
Su Cielopy Chi rivelò a Micol che avrebbe piovuto di lì a poco a Kyoto, poi le chiese che aria c’era da lei.
Una folata di vento mosse i suoi capelli rossi e quella si affacciò alla finestra. Sul prato verde, disse, ci son due umanoidi che prima litigavano e ora ridono.
“Sai Chi, questa cosa mi mette un po’ di nostalgia. Solo ieri, eravamo sempre pieni di dolore di giorno e non potevamo essere felici”. Disse.
Chi disse: “Sai, credo che da quando il Mondo Cubo ha tremato, qualcosa è cambiato davvero. In fondo chieditelo. Che cos’è questa nostalgia?”
“Non lo riesco a dire ma perché…” – disse Micol. Tirò il vento e sparirono nella loro stanza.
– Veronica Pacifico
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