Macbettu: continua la stagione teatrale nello storico Teatro dei Rinnovati a Siena
Macbettu è uno spettacolo fisico, ancestrale, coinvolgente, dove i corpi, gli oggetti, i suoni, lo spazio vanno oltre le parole e divengono simboli che raccontano una storia di ambizione e di potere riadattata in sardo sull’opera scritta da Shakespeare e rappresentata per la prima volta nel 1611.
Le fonti principali di Macbeth furono Chronicles of England, Scotland and Ireland (Cronache d’Inghilterra, Scozia e Irlanda, 1578) di Raphael Holinshed e Historia Gentis Scotorum (Storia del Popolo Scozzese, 1527) dello storico e filosofo scozzese Hector Boece (Boezio), ma Shakespeare trasse ispirazione anche dall’opera di Reginald Scot dal titolo The Discoverie of Witchcraft (Scoperta della Stregoneria, 1584) che l’autore scrisse dopo aver assistito a un processo per stregoneria, e Daemonologie, scritto da re Giacomo I Stuart nel 1597 e pubblicato in Inghilterra nel 1603 quando re Giacomo successe a Elisabetta I sul trono inglese.
Allestito da Alessandro Serra e ambientato in un’immaginaria Barbagia, con il suo ricco patrimonio di riti, canti, maschere e tradizioni, il dramma è interpretato da otto attori, tutti uomini, come nella tradizione del teatro elisabettiano: Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu e Felice Montervino. La traduzione in sardo e la consulenza linguistica sono di Giovanni Carroni. Ha collaborato ai movimenti di scena: Chiara Michelini. Le musiche delle pietre sonore sono di Pinuccio Sciola e le composizioni delle pietre sonore di Marcellino Garau. Regia, scene, luci, costumi sono di Alessandro Serra. La Produzione è di Sardegna Teatro e Compagnia Teatro Persona. Lo spettacolo è stato realizzato con il sostegno di: Fondazione Pinuccio Sciola | Cedac Circuito Regionale Sardegna.
In un’intervista Serra ha spiegato come ha partorito l’idea di utilizzare il testo e calarlo in una realtà che fra suggestioni, ambientazioni, credenze tutte proprie, mostra però delle similarità con la cultura scozzese:
Nella vita mi succede spesso che quello che ho fra le mani è la cosa più preziosa e non me ne sono mai accorto… Tornando in Sardegna… lí è nata l’idea, visitando tutti i carnevali della Barbagia. Si vede subito che non ci sono le donne, non sono ammesse, e anche nel teatro elisabettiano non c’erano donne… Ho pensato che se fossi stato in grado di trovare una figura, un involucro… poteva essere un uomo”.
Quello che Serra ha soprattutto cercato è stata la creazione di immagini che avessero la potenza di archetipi e che scandissero attraverso i movimenti degli attori nello spazio tutti i momenti del dramma. Anche in Shakespeare il testo è sempre un pretesto per parlare di altro. Qualcos’altro che traspare dalla gestualità, dai toni delle voci, dagli abiti e che evoca immagini indelebili, simboli di potere, ambizione, delirio.
In Serra il dialogo è ancora meno importante e ha quasi la funzione di un grammelot, che è riuscito anche a far ridere gli spettatori avvolgendo di farsesco alcune delle scene più audaci. La parola stessa, infatti, in questo teatro viscerale diviene azione e le emozioni vengono veicolate dai corpi e dal movimento. Ogni postura evoca un’immagine e uno stato emotivo Ogni gesto, ogni movimento, ogni azione, ogni contatto con ciò che ci circonda ha un’azione trasformatrice sul mondo che in questo caso è distruttrice. I movimenti dell’attore non sono obbligati a esprimere un sentimento specifico ma intendono condurre lo spettatore in un viaggio immaginario della mente fino alla creazione di immagini ricche di significati simbolici. L’azione rimpiazza il pensiero e in tal modo diventa la mente dell’attore mentre il corpo crea nuovi codici di comunicazione con il pubblico e con la scena che sta interpretando.
Serra spiega anche come sia possibile acquisire suoni senza conoscere una lingua e porta l’esempio della zia che non sapeva parlare in latino, ma era capace di recitare tutta la Santa Messa in questa lingua. Anche le luci divengono una parte importantissima per definire i corpi nello spazio e scolpire immagini illuminando i corpi e gli oggetti.
Ha detto ancora Serra:
Sulle luci ho imparato molto di più dagli attori che non da un light designer”.
Lo spazio è importantissimo ed è quello che permette allo spettatore di entrare nella storia. Fortissimo l’accostamento delle tre streghe alle tre parche greche che tenevano il filo della vita.
Macbettu, allo stesso modo in cui lo fece Macbeth, agisce in maniera insensata, in quanto le streghe gli predissero che sarebbe diventato Re. Non c’era necessità di uccidere e di sterminare amici o nemici. Era perfettamente inutile lo sterminio.
Ma per questo la grande filosofa Simone Weil ci offre una sua interpretazione, dicendoci che quando il sovrannaturale arriva a un uomo che non è in grado di sostenerlo lo trasforma in male. Uno spettacolo artistico ed estetico dove la prossemica, la mimica, il coro, le luci, le grida inarticolate, il balbettio delle streghe, la poetica, i muggiti animaleschi si fondono e trasformano in elementi scenici non tanto per attrarre l’attenzione degli spettatori quanti per tenerli in uno stato di costante tensione emotiva.
Serra è riuscito perfettamente nel suo intento rischiando di non essere compreso con questa subalternità della parte cognitiva, ma visti i risultati ne valeva davvero la pena.
– Paola Dei
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Foto e video: courtesy Teatro Persona
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